giovedì 22 marzo 2012

In che condizioni realmente vivono i richiedenti asilo nel megaCara di Mineo?

Dopo mesi di assoluta indifferenza nelle ultime settimane i media si accorgono del Cara di Mineo e vengono pubblicati articoli nei quali si parla del centro solo in maniera apologetica dell’esperienza “d’eccellenza a livello europeo”.
Rispetto all’anno scorso, quando dal 10 maggio al 27 luglio si susseguirono 4 rivolte in 3 mesi per accelerare i tempi delle commissioni (la prima commissione s’insediò dopo oltre 2 mesi l’arrivo di 1600 richiedenti asilo e subito dopo la prima rivolta), la situazione sostanzialmente non è cambiata

--- Rispetto ai tempi della commissione esaminatrice, la situazione  è peggiorata, dal settembre scorso ne funziona solo una con una media di 30/40 casi a settimana, mentre nell’estate scorsa le domande esaminate erano almeno il doppio. Inoltre si sono ripetuti i casi d’interpreti truffatori che hanno estorto denaro ai migranti per “ammorbidire” l’esame della commissione  e quasi tutti i richiedenti asilo denunciano il pessimo servizio d’interpretariato, che a volte contribuisce al diniego ( con percentuali che superano il 50%).
--- Le condizioni di vita con la nuova gestione del Consorzio Sisifo e di CaraMineo (confermato per tutto il 2012) sono in parte mutate rispetto alla militarizzazione della quotidianità, quando il Cara era gestito dalla Croce Rossa (fino al 16 ottobre scorso); le estenuanti file si sono ridotte, ma permane il divieto di cucinare nelle case (non solo sono state disattivate “per sicurezza” le cucine interne, ma neanche si possono usare i barbecue esterni), mantenendo così il business del cibo (circa 10 euro al giorno pro capite) con pietanze che continuano a provocare numerosi casi di disturbi gastro-intestinali. Con molto meno i richiedenti asilo potrebbero autogestirsi secondo le proprie tradizioni e gusti i loro cibi; inoltre si ripetono i casi di arbitrari sequestri da parte di militari esterni al Cara di cibo, che “potrebbe” essere cucinato all’interno.
--- I collegamenti con Mineo ed i paesi limitrofi sono un problema; rispetto alla vergognosa richiesta di 2 euro A/R per Mineo, quando ancora i migranti non riscuotevano il contributo giornaliero (per ben 6 mesi, da marzo ad ottobre, chi ha gestito il Cara non ha versato ai richiedenti asilo alcunché, risparmiando arbitrariamente sulla loro pelle e causando così la loro indigenza, anche per pagarsi il permesso di soggiorno); da alcuni mesi è attivo solo un bus, gratis,  di 50 posti attivo per un solo viaggio A/R e solo di mattina, che costringe la stragrande maggioranza a raggiungere Mineo (ad 11 Km) a piedi.
Da mesi i migranti hanno sospeso le proteste (nell’agosto scorso a centinaia furono trasferiti in altri Cara “volontariamente”), ma ciò non vuol dire che siano soddisfatti di restare parcheggiati a tempo indefinito in un lager di lusso (come mai è stato scelto un villaggio privato della Pizzarotti di Parma, per il quale si versa un affitto annuo di circa 6 milioni di euro?). Sfruttando l’emergenza Nordafrica dell’anno scorso per i migranti provenienti dalla Tunisia o in fuga dalla guerra in Libia (per i quali i contributi giornalieri raddoppiavano rispetto ai progetti SPRAR) stiamo purtroppo assistendo al proliferare in Sicilia di altre fallimentari e clientelari esperienze di mini Cara e CDA (gestiti spesso da personale incompetente interessato solo al business), dai quali i richiedenti asilo vorrebbero allontanarsi, nella speranza di trovarsi meglio nel megaCara di Mineo.
Attualmente a Mineo sono presenti oltre 1900 migranti, la cui maggioranza o hanno fatto ricorso al Tribunale contro il diniego o hanno da mesi il permesso di soggiorno, per protezione internazionale o per protezione umanitaria; spesso il diniego non riconosce l’ultima provenienza dalla Libia, ma solo il paese natìo, in questo modo migliaia di richiedenti asilo sono in ostaggio in Italia delle disumane politiche di “guerra ai migranti” dell’ex ministro Maroni. L’attuale governo, in sostanziale continuità con il precedente, continua a dilapidare ingenti risorse pubbliche (in tempi di feroci tagli alle spese sociali) per sadiche politiche segregazioniste non solo nei CIE, ma anche nei Cara e CDA; addirittura ancora Lampedusa continua irresponsabilmente ad essere dichiarata “porto non sicuro” e dopo la pausa invernale riprendono le operazioni di soccorso in mare con purtroppo i primi cadaveri. Dopo le speranze della primavera araba e la tragedia della guerra neocoloniale in Libia dell’anno scorso, facciamo appello ad aderire alla petizione per il permesso di soggiorno a tutti i richiedenti asilo provenienti dalla Libia (http:www.meltingpot.org/articolo17149.html ) ed a rilanciare la mobilitazione a
sostegno del loro “diritto di scelta” a costruirsi un futuro libero dalle guerre e dal razzismo.

Rete antirazzista catanese